La Polizia dell’Africa Italiana: le origini.
Nel 1998, uno dei fondatori di questo sito, Maurizio Marinelli, assieme a Roberto Sgalla, scrissero e pubblicarono il libro “POLIZIA dell’AFRICA ITALIANA”.
Dando per scontato che gli appasionati della storia della Polizia dell’Africa Italiana abbiano nella loro biblioteca o comunque abbiano letto i due libri di Raffaele Girlando “PAI Polizia Africa Italiana 1936-1945. Storia, uomini, gesta” e “Storia della PAI. Polizia Africa Italiana 1936-1945” e “La Polizia dell’Africa Italiana” edito dall’Ufficio Storico della Polizia di Stato nel 2009 e scritto dal maggior esperto del settore il Professore Piero Crociani, noi qui cercheremo di ripercorrere alcune tappe di questo glorioso corpo attraverso le fotografie e i documenti di tutti quei poliziotti, ex Pai, che transitati nel Corpo delle Guardie di P.S. hanno prestato servizio a Brescia o a Brescia sono poi vissuti. Il tutto verrà integrato da articoli di riviste, opuscoli, leggi e altre fotografie in nostro possesso.
Le origini.
Il colonialismo italiano ebbe inizio alla fine del 1800 con l’acquisizione pacifica dei porti africani di Assab e Massaua, sul mar Rosso. A seguito della spartizione dell’Africa da parte delle potenze europee (1881-1914), il Regno d’Italia deteneva il controllo dell’Eritrea e della Somalia, oltre che della Cirenaica, Tripolitania e delle Isole Egee, sottratte all’Impero ottomano nel corso della guerra italo-turca (1911-1912). Avevamo anche una concessione italiana a Tientsin, in Cina, sin dal 1901. Il regime fascista di Benito Mussolini, salito al potere nel 1922, manifestò l’intenzione di espandere i possedimenti del regno. Nel 1934 Cirenaica e Tripolitania furono unite nella Libia Italiana; con la guerra del 1935-36 l’Italia conquistò l’Etiopia, che fu unita ad Eritrea e Somalia per dare vita all’Africa Orientale Italiana; di fatto fu proclamata la nascita dell’impero italiano che durò sino alla caduta del fascismo.

Fino ad allora le funzioni di pubblica sicurezza nelle colonie non avevano costituito oggetto di una disciplina organica ed unitaria. Si era lasciato all’esercito il compito di domare i frequenti episodi di ribellione, mentre le funzioni di “polizia” erano state affidate ai carabinieri reali e alle formazioni di polizia locali, poste in genere alle dirette dipendenze di funzionari coloniali.
Mattioni Alberico, classe 1906, era uno di quei Carabinieri.

Sua nipote è un ottimo Comandante di un distaccamento della Polizia Stradale; grazie a lei possiamo rivivere alcuni momenti del nonno.
Alla fine degli anni 20 in Italia.
Nell’estate del 1932 a Murzuch nel Fezzan (Libia).
Nell’autunno 1932 a Brach sempre nel Fezzan.
Primavera 1933, cerimonia africana e quotidianità a Brach.
1935 Caserma dei Reali Carabinieri di Brach e perlustrazione nei dintorni.
Nel 1939 Mattioni Alberico, come molti altri Carabinieri che facevano servizio in Africa, transitava prima nel neonato Corpo della Polizia dell’Africa Italiana:

Scorta ad attrice e troupe fotografica per pubblicità
Asmara 6 febbraio 1940, ultimo giorno di carnevale.

e poi, alla fine della seconda guerra mondiale, nel Corpo delle Guardie di P.S. fino agli anni 60.
Anche Barrel Vittorio era uno di loro.
Anche Orecchioni Luigi era uno di loro.


Dal libro ” Le medaglie d’oro” edizione del 1965, 1° volume, pag 428-29.
Soltanto presso i governi della Tripolitania e della Cirenaica esistevano i Commissariati di Polizia, poi trasformati in Direzioni di Polizia, affidate a funzionari di pubblica sicurezza coadiuvati da pochi agenti nazionali ed indigeni la cui competenza era quasi del tutto circoscritta ai centri urbani di Tripoli e Bengasi.
1914. Il Commissariato di Bengasi e i passaporti.

Nel 1920, il costo del passaporto aumentava notevolmente.
1926. Le Direzioni di Polizia.
Nel 1929, al fine di agevolare l’andata nelle Colonie, veniva abolito il passaporto e sostituito con un lasciapassare, meno costoso e molto più facile da ottenere.
Lasciapassare rilasciato dal Ministero dell’Africa Italiana, Comando Generale Corpo Polizia Africa Italiana, nel 1941. Questo documento è firmato dal Generale di Brigata Raul Masi in servizio presso il Comando Generale della P.A.I. responsabile dell’Ufficio III, Polizia Giudiziaria e Amministrativa, Ufficiale dei Reali Carabinieri già comandante dei Carabinieri in Cirenaica.
Uno dei pochi agenti di pubblica sicurezza che prestò servizio in Libia fu Bonaldi Antonio, arruolatosi nel 1920 nella Regia Guardia, assunto nel Ruolo Specializzato dei Reali Carabinieri, transitato nel Corpo degli Agenti di Pubblica Sicurezza e trasferito il 6 gennaio 1930 alla Direzione di Polizia di Tripoli dove rimaneva, come Maresciallo del citato corpo, fino al 24 aprile 1939. Quel giorno si imbarcava a Tripoli e giungeva al porto di Napoli il 26 aprile. Il giorno dopo veniva arruolato con il grado di Maresciallo Maggiore nella Polizia Coloniale e il 3 maggio si imbarcava a Siracusa per tornare in Libia alla Questura di Tripoli.
Al termine della guerra continuò la sua carriera a Brescia nel Corpo delle Guardie di P.S.

Il Corpo degli agenti indigeni di polizia.
Come in Italia coesistevano carabinieri e polizia così anche in Libia a fianco degli “zaptie” operanti nell’ambito dell’Arma, c’erano, anche prima dell’istituzione della polizia coloniale, dei libici che svolgevano mansioni di polizia in sussidio agli agenti di pubblica sicurezza e la cui competenza si limitava alle sole maggiori città della colonia.
Erano i componenti del “Corpo degli Agenti Indigeni di Polizia” organizzato con Decreto del governatore della Tripolitania in data 4 dicembre 1926 e composto da un maresciallo, un brigadiere, tre vice-brigadieri, otto appuntati e dodici agenti, incaricati del mantenimento dell’ordine pubblico e con mansioni di polizia giudiziaria nei confronti della popolazione indigena.
In Eritrea e Somalia le funzioni di polizia erano delegate ai Carabinieri che si avvalevano della collaborazione dei “Zaptiè” indigeni locali. Compiti più specifici erano affidati alla Guardia di Finanza. Nessuno dei citati Corpi era felice dell'”invasione di campo” che a breve si sarebbe verificata con l’arrivo in Africa della Polizia Coloniale. La battaglia, oltre che a Roma, si combatteva anche nei giornali locali. Nella rivista Etiopia dell’ottobre-novembre 1937, in due pagine prive di fotografie si dava notizia dell’istituzione della polizia coloniale; nello stesso numero, con ben altra enfasi, si raccontavano glorie ed onori dei Carabinieri e dei Finanzieri. Si sentivono minacciati, messi da parte e sfoderavano gli artigli.
L’arma dei Carabinieri Reali.
Il Corpo della Regia Guardia di Finanza