1968-1969: 9° corso Pol.g.a.i.
1968-1969: 9° corso di specializzazione nei servizi di polizia giudiziaria, amministrativa e investigativa; la rivolta del carcere di San Vittore.
Iniziato il 1° ottobre 1968 e terminato a fine giugno 1969, il 9° corso di specializzazione nei servizi di polizia giudiziaria, amministrativa e investigativa, vide la partecipazione di 180 guardie di pubblica sicurezza. Centotrentotto furono i poliziotti che arrivarono e superarono gli esami finali risultando così idonei ai servizi investigativi. Quarantadue furono abilitati a condurre automezzi militari. Trentuno si diplomarono in dattilografia, trentatré, ventuno e sette acquisirono una buona conoscenza rispettivamente della lingua francese, inglese e tedesca. Trentuno conseguirono la licenza media, I quarantadue che durante il corso furono considerati non idonei furono trasferiti ai reparti mobili per essere impiegati nei servizi di Ordine Pubblico o nei Gruppi Guardie di P.S. per i vari servizi. Così venivano descritti i corsi di polizia giudiziaria dall’organo di informazione “Ordine Pubblico”.
Il 17 marzo 1969 il Vice Questore Antonino Ales veniva trasferito dalla Criminalpol Nord alla Scuola Pol.g.a.i. di Milano.
Il 14 aprile 1969, alle ore 16, anche al carcere milanese di San Vittore, scoppiava la rivolta. Nel giro di un’ora tutto il carcere era sotto il controllo degli insorti. I detenuti avevano anche preso degli ostaggi tra gli uomini della Polizia Penitenziaria, ma, fortunatamente, non erano riusciti a forzare le porte dell’armeria. «Crepitò, dal ciglio delle mura, qualche salva di mitra sparata in aria». Dino Buzzati raccontava così, sulle pagine del Corriere della Sera questa rivolta. Quel giorno Giuseppe Saragat, allora Presidente del Consiglio, si trovava in città per l’inaugurazione della Fiera Campionaria e il grosso delle forze dell’ordine milanesi era dislocato proprio alla fiera per garantire la sua sicurezza. Alla notizia della rivolta in atto, carabinieri e poliziotti vennero immediatamente spostati in piazza Filangieri. 500 uomini, tutti quelli disponibili in quel momento, contro 1800 detenuti. Per trattare con i detenuti di San Vittore, venne scelto il giudice Sinagra, ma anche il suo intervento venne salutato col lancio di tegole, sassi e pacchetti maleodoranti. Nel frattempo carabinieri e poliziotti si preparavano a intervenire all’interno del carcere non appena fosse arrivato l’ordine. A quei tempi le tenute da ordine pubblico non esistevano; l’unica protezione era l’elmetto d’acciaio. L’irruzione avvenne all’alba del 15 aprile. Gli scontri furono violentissimi e il bilancio finale fu di circa trenta feriti tra le forze dell’ordine e un centinaio tra i detenuti. San Vittore subì danni per centinaia di milioni e rimase chiuso diverse settimane mentre i rivoltosi furono trasferiti nelle carceri di tutta Italia.
Qui sotto una foto pubblicata dal “Giorno” del 16 aprile 1969

Dal corriere della sera del 16 aprile 1969. La patata bollente di San Vittore in rivolta è stata lasciata in mano al questore di Milano, Giuseppe Parlato, alle 22 del 14 aprile 1969, dopo un gioco di scaricabarile, sul quale, forse, non sarà male che i ministeri competenti diano una occhiata. Quando l’hanno chiamato e gli hanno detto: “È cosa sua” il questore era già in pigiama: aveva avuto una giornata pesante, per via dei gravosi servizi della giornata inaugurale della Fiera, presente il Capo dello Stato, e stava andando a letto. Almeno stanchi come lui, se non di più, erano i reparti di agenti e carabinieri che sognavano già la branda in caserma. E invece rieccoli tutti in ballo per l’assedio di San Vittore. Parlato è quello che si dice un questore giovane: ha 52 anni, è di Partanna in provincia di Trapani ed ha in sé, spiccatissimo, il senso dello Stato e della responsabilità. Dopo l’8 settembre 1943 fu l’unico commissario che rimase in servizio a Reggio Calabria e gli alleati gli affidarono la reggenza della Questura. Anche ieri notte il dottor Parlato si è preso la sua croce e si è rimboccato le maniche. Il responsabile dell’ordine pubblico era lui, gli hanno detto, si arrangiasse. Ma intendiamoci bene: usare mezzi normali”. Niente carri armati, niente esercito, niente dinamite, niente armi. Quando i primi reparti del Celere e dei Carabinieri hanno tentato di penetrare nel carcere in rivolta c’è stato un mezzo massacro: il tenente colonello dei carabinieri Gaetano Alessi è uscito con la clavicola fratturata, ma è rimasto stoicamente in piedi altre due ore prima di svenire, il vice questore Moro con il polso spezzato, agenti e carabinieri coperti di sangue. Dentro c’era l’inferno. Per tutta la notte il questore Parlato ha tenuto il quartier generale nell’ufficio del direttore di San Vittore con due coriacei aiuti: il vice questore Vittoria e il colonello Dal Sasso. Alle sei è uscito con loro ed ha guidato l’assalto finale sino alla resa dei rivoltosi “usando mezzi normali” Ieri sera alle 19,00 era ancora in carcere a completare lo sgombero. Agenti e carabinieri avevano gli occhi arrossati dai lacrimogeni, parecchi stavano in piedi soltanto perché appoggiati ai muri di San Vittore. In quello stesso momento da piazza Aquileia una decina di filocinesi frescorasati, con abiti di ottimo taglio e pullover in cachemire, gli gridavano in coro: Polizia fascista”.
Una parte del contributo che la scuola Pol.g.a.i. diede in quella occasione ce lo racconta l’allegata relazione a firma del Vice Questore Ales Antonino. Naturalmente altri “polgaini” alle dirette dipendenze del dottor Nardone fecero irruzione e “combatterono” nel carcere. Molti furono premiati con encomi per il contributo dato. Tra questi emerse la Guardia di P.S. Mauti Raffaele decorato con la medaglia d’argento al valor civile.
Nello stesso periodo, i frequentatori del corso venivano dotati di una nuova pubblicazione della Direzione Generale di Pubblica Sicurezza: Il gergo della malavita.
Il 25 aprile 1969, i corsisti ricevevano la visita dei colleghi della scuola Polfer di Bologna
Durante il corso gli allievi seguirono lezioni di falso monetario
di conoscenza e contrasto agli stupefacenti
e di altre attività di polizia.
Si addestrarono all’uso delle armi
e alla difesa personale
Seguirono conferenze: qui sotto quella tenuta dal futuro Direttore della Pol.g.a.i. di Brescia, dottoressa Giannelli, allora nella Polizia Femminile in servizio alla Questura di Milano,
effettuarono visite didattiche alla fiera campionaria di Milano
alla centrale dell’Enel di via Carducci
e alla stazione centrale a lezione dalla Polizia Ferroviaria.
Una volta al mese si recavano in qualche località in visita culturale-ricreativa,
tutte le sere usufruivano della libera uscita, a volte in abiti civili ed altre volte in divisa,
e ancora trovarono il tempo per ideare, stampare e diffondere un giornalino umoristico dei polgaini.
Corriere della Sera 30 giugno 1969. Con una cerimonia alla quale hanno partecipato autorità civili e militari e con la celebrazione della Messa al campo, ieri mattina presso la caserma Garibaldi di piazza Sant’Ambrogio, si è concluso il nono corso di specializzazione della scuola di polizia superiore diretta dal questore Mario Nardone. Erano presenti il dottor Mario Trimarchi, primo presidente della Corte d’appello, il procuratore capo della Repubblica dottor Enrico De Peppo, il vice prefetto dottor Vincenzo Guarella, il generale Alfonso Jodice, comandante la quinta circoscrizione Guardie di Pubblica Sicurezza, il colonello Sebastiano di Mauro, comandante il Raggruppamento Guardie di Pubblica Sicurezza di Milano e il colonello Vincenzo Albano, comandante della Polizia Stradale della Lombardia. Il corso di specializzazione di quest’anno ha visto, dopo una rigorosa selezione la promozione di 137 allievi su 180 iscritti. I tre allievi che hanno riportato i voti migliori, Paolo Piccinino, Rosario Calì e Antonio Imparato, tutti ventenni, hanno ricevuto, assieme al diploma, le medaglie e le coppe offerte dal comune di Milano. La finalità dei corsi di specializzazione istituiti dalla scuola superiore di polizia sono state illustrate dal questore Mario Nardone, il quale, assieme ai due vice direttori della stessa scuola, i vicequestori Antonino Ales e Francesco Solimena, ha sottolineato l’impegno con il quale i nuovi 137 super-poliziotti si sono preparati per superare i diversi esami teorici e pratici previsti dal programma. Tutti i nuovi poliziotti sono già stati destinati alle squadre mobili delle diverse questure d’Italia. La cerimonia di chiusura si è conclusa con una serie di saggi pratici, sul grado di preparazione specifica raggiunto dagli allievi del corso. Oltre alla dimostrazione pratica di come debba comportarsi un “agente speciale” per sventare in pubblico qualsiasi reato o per ridurre all’impotenza con una mossa di judo o di karatè un malvivente armato, i neo-diplomati hanno dato prova anche di superare con disinvoltura e perizia tutti i diversi esami proposti quotidianamente dall’esercizio della professione: dalla conoscenza del codice penale all’identificazione immediata di banconote false e di sostanze stupefacenti.
Dopo la cerimonia di fine corso le autorità si intrattenevano a cena
L’indomani il Dottor Nardone e i suoi collaboratori, alla presenza di alcune autorità, ringraziavano ancora tutti i nuovi “polgaini” consegnando a ciascuno di loro premi e diplomi.